GRIGIA


- Non ci siamo capiti.
- C'è la luna piena, capita.
- Quelle che non abbiamo capito sono parole, non fasi lunari.
- Sono i nostri punti di vista.
- E quelle crepe?
- Sono i confini tra bianco e nero quando provi a mescolarli.
- Non riesci a mischiare bianco e nero con la luna piena?
- Solo perché c'è più luce non vuol dire sia più semplice.
- Non sarà mai più semplice.
- Non lo è mai stato.
- E allora? 
- Guardami negli occhi.
- Perché?
- Perché è più semplice.

PUNTI DELLA SITUAZIONE

- Di nuovo?
- Di nuovo.
- E l'ultima volta?
- Non era l'ultima.
- E non c'è stata una ragione se...
- Anche le ragioni muoiono.
- Adesso hai tutte le risposte?
- Finché tu fai domande.
- E se smetto?
- Saremo di nuovo qui. 
- Qui dove?
- Non lo so. 
- Ma sai che ci siamo già stati. 
- Come altre volte, come tutte le altre volte; così tante altre volte che rischia di essere banale. 
- Appunto, banale.
- Ma è naturale. 

LIMITATO PORTA MAGGIORE

- Ma quando cazzo passa? Dovevamo prendere il Limitato a Porta Maggiore, lo sapevo...
- Tranquillo. Ora il 19 passa.
- Stiamo facendo un grossolano errore di valutazione, altrimenti detto ottimismo.
- Puoi capire..
- Che?
- Nulla. Te la vuoi fare a piedi?
- Sai che c'è?
- Cosa?
- Che tanto vale aspettare che passi il tram. Facciamo errori di valutazione e facciamo errori in generale ogni giorno. Sbagliamo pure a fare le scelte e le rifacciamo illudendoci puntualmente di avere il controllo.
- Eh. È proprio quando fai una scelta che perdi il controllo...
- Ecco. 
- ...il tempo scappa in trecento direzioni contemporaneamente, un dedalo in cui sai che potrebbe esserci un momento giusto per una collisione precisa tra te e la storia, tra te e il tram, tra te e lei. Magari c'è, certo, ma vallo a trovare.
- Non andiamo a piedi, vediamo se passa... 
- Sicuro? Aspettiamo bus come aspettiamo altre occasioni: vatti a fidare.
- Per carità. L'attesa è l'illusione di avere redini sul tempo, ma se ci pensi sul serio, davvero ti va di fartela a piedi? Di compiere quest'atto di prepotenza e di sfidare le suole delle tue scarpe? Quanta realtà hai in mano per scegliere di camminare per un chilometro e mezzo?
- Del resto le scelte si fanno su elementi concreti. La cosa più reale che abbiamo adesso in effetti è che un 19 prima o poi dovrebbe passare.
- Zitto. Sta arrivando qualcosa.
- Dio buono! È un limitato Porta Maggiore. Continua a non servirci a un cazzo.
- Vabbè saliamo. È tardi.
- Sicuro? Magari passa un 19...
- Vaffanculo il 19.


A Serious Man (2009)

IL CONTRARIO DELL'ALBA

- Mi aspettavi?
- Sta sorgendo il sole.
- Cazzo, di già?
- Non ti piace l'alba?
- Credo di sì...Mi è diventata familiare e mi piacciono i colori.
- Anche a me.
- Che fai oggi?
- Non lo so. La solita guerra, immagino.
- Ah! Se ci fosse una guerra non ci sarebbe concessa un'alba così bella. 
- Il sole sorge anche a Gaza, che c'entra. A te sembra normale?
- Cosa?
- Tutto questo. Io mi sveglio con l'addomesticata sensazione che una bomba possa precipitarmi sulla testa da un momento all'altro, che qualcosa distrugga dal niente il mio modo di vedere tutto.
- Tutto? Anche me?
- Tutto. Anche quest'alba. Anche te.
- Però le bombe qui non cadono per davvero. 
- Solo perché non le vedi. I colori dell'alba sono uguali a quelli del tramonto, durano solo di meno.
- E allora?
- E allora tu la differenza tra l'alba e il tramonto di fatto non la vedi. Non è che ti puoi fidare solo degli occhi. Siamo in guerra pure qui, fidati.
- Di solito non fai metafore. Di che hai paura?
- Perdere qualcosa, qualsiasi cosa. Ma mi ci sono abituato in realtà, ogni giorno crollano come stalattiti sciolte amici, relazioni, amori, lavori e tutta la rete di parole che li hanno uniti. È un fatto naturale perché siamo stati educati al disastro; ogni giorno crollano le mie vene e le mie arterie, e non ci faccio caso.
- Non ci si può abituare a una cosa del genere.
- Come fai a vivere diversamente? Siamo solo l'equilibrio tra ossigeno e calcinacci.
- Ti preoccupi dell'equilibrio a prescindere, ti ci affanni pur non avendone nessun controllo. Ecco perché sei ossessionato dai crolli e non dormi. 
- Non sono ossessionato, però è vero: ste cose ti fanno passare il sonno ma anche venire una smodata voglia di dormire.
- Se tutto crolla, com'è che siamo qui? Tra dieci secondi il sole ci coprirà dalla testa ai piedi. Tra qualche giorno tu potresti non esserci. Tra qualche giorno potrei non esserci io. Perché siamo qui?
- Immagino perché non riusciamo a fare a meno di costruire qualcosa; non è disperazione, è un movimento automatico del nostro cervello che ci lascia umani finché non crolliamo anche noi.
- Il tuo punto di vista comporta un paio di rischi, questo lo devi ammettere. 
- Ho difeso i punti di vista di tutti solo per potermene permettere uno rischioso.
- Se ci fosse una guerra non saremmo qui. Io non sarei qui con te. 
- Proprio perché siamo in guerra ci siamo trovati. E poi tenuti stretti.
- Sarà.
- Fidati.
- Qui il sole è sorto.
- O è crollata l'alba.

Her (2013)

EDUCAZIONE SENTIMENTALE DI UN CRETINO


- Il mio primo bacio l'ho dato davanti a un portone.
- Eh vedi, qualcosa voleva già dire.
- Cioè?
- Che ne so, storie comode e facili, con un piede sempre sulla soglia di casa, pronto a scappare...
- Mica era mio il portone. Poi infatti sono andato a casa. Sono andato a casa correndo.
- Perché correndo?
- Immagino non stessi pensando a niente, tranne che al proprietario di quel portone...
- Comunque allora è diverso. Vuol dire che ti piacciono le storie comode e facili, con un piede sempre sulla soglia di casa di qualcun altro così per male che vada la storia, ti trovi pronto per una rapina.
- Cazzo dici?
- Non lo so, invento. Però ora che ci penso è importante avere qualcosa di completamente diverso da fare da quello che si sta facendo. Così, nel caso...
- Ad esempio se sto con una, è importante avere anche da riparare il rubinetto di casa?
- O viceversa.
- Te stai fuori.
- Siamo qui da tre ore e ancora non hai detto una parola.
- Che c'è, hai fretta?
- No, figurati. Però metti in conto che il mio cervello possa avere bisogno di un po' d'aria ogni tanto.
- E il mio? No? Siamo qui da tre ore e conosco a memoria i contorni degli alberi, mentre in testa ho una palla che non riesco ad aprire.
- Magari la palla deve solo rotolare.
- Non c'avevo pensato...
- Appunto. Il tuo cervello non ha bisogno di ossigeno, anzi, ha bisogno d'essere staccato, di un volo pindarico, di andare offline e di tutte le altre metafore che indicano che il raziocinio, talvolta, è una gran rottura di coglioni.
- Bravo te! Datti un premio. Tu prendi per il culo, mentre io sono visibilmente malato.
- Potrebbe essere mancanza di fantasia.
- Eh?
- Oh ascolta: se siamo qui da tre ore e il tempo lo hai passato solo a guardare per terra costringendomi a fare altrettanto per solidarietà; forse - forse in maiuscolo - in quello che stai cercando di capire non c'è un cazzo da capire.
- C'è sempre qualcosa da capire in ciò che facciamo.
- Non se non hai capito nulla mentre lo stavi facendo.
- Certo che l'ho capito.
- Allora dimmi il momento preciso in cui l'hai deciso.
- ...
- Visto? Sei un cretino. Come il resto degli animali maschi, semplici e facilmente interpretabili.
- Un po' sminuente, detta così...
- Mica è colpa tua. Dai, lascia perdere e vattene a casa. Vai a casa correndo.

La Conversazione (1974)

BATTERIA

- Parti?
- Sì.
- E quando torni?
- Sto già tornando.
- Hai detto che stai partendo.
- Sì. Parto per tornare, "tornare" non è il contrario di "partire", possono stare nella stessa frase.
- Una volta è qui che "tornavi". 
- Quando partirò da lì, tornerò qui. Non ti angosciare.
- E se non ci sarò più?
- È difficile anche solo pensare che tu possa cambiare abitudini prima del mio rientro.
- Non hai più bisogno di me. 
- Non è vero.
- Allora resta.
- È proprio perché di te ho bisogno che parto.
- Resta.
- Non è restando solo qui che posso vivere.
- Sì, lo capisco, ma non è più come la prima volta. Ti ricordi in aereoporto? Ti sei voltato tutto il tempo prima del controllo bagagli, e poi hai continuato a guardarmi dalle scale mobili; e, poco prima di salire sull'aereo, io so che ti sei voltato. 
- Non è più la prima volta. Ho fatto questo viaggio più di trenta volte in cinque anni.
- Sì, ma adesso sali sul treno e nemmeno guardi fuori dal finestrino!
- Perché per me non c'è più niente di speciale nel salire su un treno. Non ci sono aspettative, non c'è un libro da leggere, non ci sono paesaggi su cui immaginare il mio futuro. Non c'è nemmeno più il caffè, che mi buca lo stomaco. Settecento chilometri su questo treno non è viaggiare, è un movimento naturale delle mie articolazioni, del mio diaframma.
- Resta, ti prego.
- Avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro senza che sia necessario distinguere ciò che è avanti e cosa invece l'opposto.
- Resta, non andare.
- La geografia non conta nulla, il luogo a cui riferisco "andare" o "tornare", è importante l'elettricità nel mezzo.
- Resta.
- È un circuito elettrico e...
- Quando tornerai?
- ...non ci sono interruttori.

Mr. Nobody (2009)

LA DIFFICOLTÁ DI AFFRONTARE LA DOMENICA


- È domenica.
- Lo so.
- E sono le sei del mattino.
- Guarda che la vedo pure io la luce.
- Era tanto per parlare.
- Ti sembra il momento adatto?
- No, hai ragione.
- Hai bevuto?
- Whiskey.
- Non sei ubriaco.
- No. 
- Cazzo.
- Che?
- È domenica.
- Eh, te l'ho detto prima. 
- La domenica è una violenza. 
- Te che hai bevuto?
- Chissenefrega, è una violenza a prescindere.
- Oh l'unico giorno in cui puoi farti gli affari tuoi, fattelo andar bene.
- Appunto! Se oggi a me andasse di lavorare? 
- Dai, rilassati un attimo.
- È una violenza. Non puoi costringere qualcuno a rilassarsi, come io ora non posso costringermi a dormire. 
- Sarà una domenica diversa!
- Sono due mesi che iniziamo così la domenica, mai abbastanza sbronzi da essere molesti verso il prossimo e sobri il giusto per essere molesti verso noi stessi.
- Bar dai cinesi?
- No. Ci sono le zanzare, che sono comunque meno violente della domenica.
- Che palle!
- Ma scusa: siamo miliardi a credere a una regola che lede nel profondo la libertà personale. Una regola violenta e basta. Peggio delle zanzare!
- Con te non mi sbronzo più.
- Ammetti che ho ragione e andiamo dai cinesi.
- Ma siamo bestie pure noi, come vuoi che ci trattino? 
- Mah.
- Cinesi o no?



DORMI?


- Dormi.
- È un ordine?
- No.
- Ok.
- Dormi.
- Ora è un ordine?
- Sì.
- Perché?
- Dormi.
- Ora è un ordine?
- No.
- Cosa chiedi allora?
- Dormi.
- Ora?
- Ora cosa? 
- Cosa mi chiedi?
- Se dormi.
- Adesso sì.
- Non è vero, non dormi.
- No che non è vero! Tu però puoi pure essere meno criptico, che cazzo...
- Perché?
- Perché se non ti capisco non dormo.

RASSEGNAZIONE


- E allora?
- E allora che?
- No dico, cosa vorresti dire? Non leggo un romanzo da due anni, e allora?
- E allora sei come il 70% di questo Paese che non legge romanzi, ecco.
- Pure il 90% di questo Paese non gioca a basket, sono dei malati?
- Che c'entra, leggere romanzi è utile.
- Ma utile a cosa? Che me ne faccio della finzione letteraria? Per quanto mi riguarda è solo una perdita di tempo. 
- Eh vabbè, drastico sempre!
- Quale drastico! Sono sommerso dalla realtà, siamo inondati dalla realtà. Non c'è giorno che non ne scopra qualche comportamento nuovo, qualche traccia nuova, qualche sfumatura che devo ammucchiare insieme agli arretrati. Sembro un critico musicale che non riesce mai ad ascoltare tutto.
- Tu non sei un critico della realtà però.
- E infatti nessuno mi paga. Però mi piace sbatterci contro la testa! È indubbiamente più emozionante che sentirmi raccontare la storia di quello che fa cose in un altro tempo da cui poi tutti traggono insegnamenti. Dovresti provare pure tu.
- Chi l'ha detto che non lo faccia già?
- Non ti lamenteresti così tanto. 
- Mi lamento quando ne ho motivo.
- Ma che motivo c'hai? Ti campano i tuoi come io sono campato dai miei. Se sbattessi la testa come dico io capiresti la differenza tra lamentarsi e lamentarsi davvero. E non assegneresti a una percentuale nessun valore assoluto, ma la consideresti per quello che è: una percentuale.
- Ma scusa è un dato, sui dati ci si riflette. Sei tu che ti inalberi tanto.
- No, non ci hai riflettuto, perché se ci avessi riflettuto saresti stato capace di inserire nel tuo orizzonte di possibilità che forse questo 70% non legge romanzi perché ha altro da leggere, tipo 150 email. Oppure 30 articoli. Che ne so.
- Come lo sai che non c'ho pensato?
- Perché hai allenato i tuoi vent'anni a immaginare futuri e rimpiangere epoche. Non rifletti perché prima di ragionare su una cosa tu quella cosa l'hai già spostata negli anni Sessanta in cui era sicuramente più fica di adesso.
- Eppure...
- Oppure in qualche altro tempo di cui hai letto, di cui hai immaginato, di cui hai sognato, in cui sei scappato e in cui non andrai mai. 
- Interessante. Credo di doverci pensare su. 
- Se ne sei capace...
- Non essere arrogante...
- Lo dico per te. 
- Cosa?
- Io potrei schiattare adesso e mi girerebbero solo un po' le palle, ma tutto sommato sarei tranquillo.
- E io?
- Pensaci. 


La stangata (1973)

FLIC FLOC


- Mi hanno fottuto le coincidenze.
- Eh, caro mio, le coincidenze sono un guscio idiota.
- Le coincidenze sono un cancro. 
- So di uno che quando ha beccato una coincidenza con qualcuno si è talmente sorpreso che i giorni successivi lo hanno depresso.
- Lo hanno depresso altre coincidenze?
- No no i giorni successivi. 
- Poraccio. 
- Eh sì, c'aveva creduto bene.
- Eh. Mai fidarsi, mai! Ci si illude facile facile, due persone dicono per caso la stessa cosa nello stesso momento e TAC! pensano al destino che ha scelto per loro - pensa quanto poco c'ha da fare sto poverino - identiche parole in una vastissima gamma di possibili lessemi. In realtà da anni pensano e dicono le stesse cose, capita prima o poi di trovare un individuo uguale, ma...
- ...ma si chiama statistica.
- O banalità. 
- Vabbè fatto sta che poi non si può pensare che per forza vengano altre coincidenze. E soprattutto non c'è nessuna vasta gamma. 
- Macché, esiste solo che hai molta poca fantasia e ogni tanto becchi in giro uno che ne ha meno di te.
- Pensa a quelli che ci fondano relazioni intere: «Oh caro, a pranzo abbiamo mangiato la stessa cosa senza saperlo, a che ora torni a casa? Le 7? Anche io!».
- Quelli a letto non verranno mai insieme. «Amore sei venuta?». «No». E l'orgasmo se lo fanno solo con le coincidenze.
- Così imparano a non conoscersi prima di ringraziare il destino. 
- Il destino non esiste, ma l'ironia sì, grazie al cielo. 
- Già. Ma quand'è che hai creduto alle coincidenze?
- Io?
- Sì, tu.
- Ah io mai. 
- Cioè?
- Eh "mai" nel senso di "mai", che sono scemo? No io vado nel panico se solo penso una cosa simile a un altro, figuriamoci se la dico! Le coincidenze mi terrorizzano!
- Allora perché hai detto che ti hanno fottuto?
- Perché non ho mercato! Se non fai flic floc non sei nessuno là fuori.



OKI


- Hai scopato?
- No. Tu?
- Sì. 
- Ah ottimo.
- Bah. A volte mi chiedo perché lo facciamo. Hai l'accendino?
- Tieni. Non ti invidio in effetti. 
- Cioè?
- Ora devi tornare lì dentro e vi dovete parlare, e dovete riassumere a vicenda le vostre vite prima che un senso di deja vù e squallore faccia calare un silenzio imbarazzante.
- Vabbè dai è simpatica.
- Magari sì. Però comunque ci devi dividere un letto. 
- Touché. 
- Già.
- Che palle. 
- Io ho malditesta. 
- Sarai stanco.
- No. Non trovo una ragazza che mi piaccia. 
- Allora dovresti invidiarmi.
- No. Se fossi te non solo starei fumando ma continuerei ad avere malditesta.
- Prendi un Oki.
- Sono le 6.10.
- Che ti frega.
- Bah. Ok.
- Bravo.
- Che tristezza.
- Eh sì.
- Sì che?
- Su una cosa almeno siamo d'accordo.
- Cosa?
- Comunque la guardi la ricerca della fica è triste. 


LA SVEGLIA, PRESTO.


- Ora che siamo sposati, abbiamo una casa e un bambino che ci gira dentro, sai che pensavo: perché non prendiamo quella casa al mare? Così quando vogliamo staccare da qui possiamo andare lì. Che ne pensi?
- Non abbiamo una casa. 
- Lo so.
- E non abbiamo nemmeno un bambino.
- Lo so. 
- E non siamo sposati né vagamente intenzionati a unirci in qualsiasi forma. 
- Sì sì, lo so.
- E allora perché mi hai fatto sta domanda?
- Bo, per sentirmelo dire. Non ti capita mai di pensare a una cosa che probabilmente non ti capiterà mai di dire e di dirtela in testa? Ora c'eri qui tu e l'ho detta a te. 
- Sì. Una specie. Da piccolo mi immaginavo come sarebbe stato esultare per l'Italia campione del mondo.
- E che facevi?
- Mi mettevo in salotto davanti alla tv, la spegnevo e proiettavo sullo schermo gli ultimi minuti di una qualsiasi Italia-Brasile al cardiopalma, noi avanti 2-1 e i verdeoro in pressione; una traversa, un palo, un infortunio. Immaginavo il fischio finale. Esultavo e correvo ad abbracciare le tende. Fine. 
- Certo facile però...pure in vantaggio.
- Eh, già allora mi piaceva sognare comodo.
- Poi quando abbiamo vinto per davvero che hai fatto?
- Sono rimasto immobile. Poi tutti si abbracciavano e ho abbracciato anche io, ma non è che ritenessi la cosa impellente, anzi...
- Anzi?
- Anzi. Cioè sticazzi. Quello che vivi è sempre molto meno fico della pubblicità che ti sei fatto in testa.
- Ah. E quindi immobile.
- Sì, come quando mia madre si è sposata, ha avuto un bambino e ha avuto una casa. Ha lavorato un sacco per poi rimanere come? Immobile.
- Ok, ma sarà stato bello pensare a quella vita, avere un obiettivo.
- No che non sarà stato bello. Ha sognato per anni la stessa cosa poi quando ne è stata delusa si è svenduta per altri sogni più piccoli sempre più piccoli. 
- Come al mattino spegnere e rispegnere la sveglia cento volte prima di alzarsi?
- Più o meno. Tanto vale svegliarsi subito.
- Vabbè, ma un piccolo sogno nel cassetto aiuta a dare geometria alla vita, è utile. 
- Marito, casa e famiglia lo chiami piccolo? Che cassetti hai a casa?
- Dicevo dei sogni più piccoli. 
- Ah. No quelli sono ancora più inutili, sono rate della noia.
- Perché tu non la vorresti una casa al mare adesso?
- No, che me ne faccio? Sono sveglio! 



IL SONNO FUORI


- Come devo fare? Non dormo più la notte.
- Hai provato con il sonnifero?
- Sì.
- Hai provato il sonnifero più forte che c’è?
- Sì. 
- E non ti ha fatto nulla. 
- Poche ore di sonno. Poi mi sono svegliato, ero spaventato e non sono riuscito più a dormire.
- Che cosa ti ha spaventato?
- Non lo so...
- Dai su, ci sarà qualcosa...
- No! Cioè, non lo so...Non mi spavento come ti spaventi tu. Io ho paura non appena chiudo gli occhi. Non riesco a fare altro che tenerli sbarrati e piangere.
- Uhm.
- Eh.
- Sei uscito di casa oggi?
- No. Ho paura.
- Di cosa?
- Non lo so, ti ho detto!
- Devi uscire di casa. Qui dentro fai la muffa! Se già non dormi con un sonnifero, figuriamoci con quest’odore di chiuso, usato e stantìo. 
- C’è puzza? 
- Sì.
- Piove?
- No, c’è il sole.
- Ma se poi...potrebbe venirmi mal di gola.
- Eh ma le paranoie non passano con una tisana. Il mal di gola sì.
- Ok. Ok. Ma perché sto così male?
- Perché sei incastrato! Sei in un ingranaggio che ti torce le budella e ti aggancia per la cervicale al senso di colpa. E ti convince che non meriti di meglio che il tuo passato. Non è così. Tu sei in grado da solo di distinguere se fuori c’è il cazzo di sole o la stramaledetta pioggia! Ma l’unico modo per uscire da questo meccanismo lo sai qual è?
- No.
- Uscire.
- Va bene. Vieni con me?
- Sempre.
- Dove andiamo?
- Una cosa alla volta. Prima scendiamo le scale.



CONVERSAZIONE SULLA CONSERVAZIONE



 - Oh scrivo una cosa su Andreolli.
 - Andreolli??
 - Si, è morto. Non lo sai?
 - Poverino, cazzo!
 - Poverino un cazzo!
 - Dai, era un ragazzino.
 - Si, per carità, rispetto a Bismarck...
 - Vabé, che paragoni sono?! Quello era un altro calcio.
 - Un altro calcio? Ma che diavolo dici? Hai capito chi è Andreolli?
 - Non parli del difensore centrale, scusa?
 - No, parlo del senatore a vita.
 - Ma è quello del Chievo?
 - No, coglione, è quello della Dc!
 - Perché, è morto pure lui?
 - No pure lui: solo lui! E' dieci minuti che provo a dirtelo.
 - Oh che sollievo! Quindi Andreolli del Chievo è vivo?
 - Allora sei scemo? Certo che si! Ha pure giocato stasera.
 - Grande! Sennò a sto giro ero uno in meno al fantacalcio. E invece quell'altro com'è morto quindi?
 - Boh. Di vecchiaia, immagino.
 - Però la Dc c'è ancora?
 - Si, quella alla fine si salva sempre. Come il Chievo.



PRESO A TERRA


- Ti ho aspettato tutta la notte
- E io?
- Non sei arrivata.
- Perché?
- Dimmelo tu. Io ero qui.
- Sono andata via cinque minuti. 
- Io ti ho aspettato più di cinque minuti. 
- Mi ricordo un’ora. 
- Ti ho aspettato anche più di un’ora.
- E io quando sono tornata?
- Adesso.
- Ma non siamo insieme. Non mi hai aspettato tutta la notte?
- Troppe ore da aspettare fanno un giorno nuovo: è mattino e io sono andato dall’altra parte della città.
- Perché non sei rimasto ad aspettare?
- Perché attendere è pesante! Ogni minuto che passi ad aspettare è un massacro! È stringere i denti, è pugnalarsi e fingere che pugnalarsi da soli sia meglio che essere pugnalati. Se li aspetti, i minuti non passano, si accumulano, rimangono appesi agli occhi.
- Dove sei?
- Te l’ho già detto...sono dall’altra parte della città. Ci sono arrivato a piedi.  
- Dove sei.
- Oltre il limite. 
- Perché.
- Ho scaricato l’attesa nei passi. Prima che diventasse un vizio che mi trascinasse a fondo. 
- E ora?
- Ora posso aspettarti ancora. 





SCELTE A GAS

- L'hai lasciato tu acceso?
- Sì pensavo ti servissero i fornelli.
- Ti sbagli.
- Scusa, pensavo di farti un favore…
- Se sbagli favore, puoi saltare in aria. E io mi sono rotto le palle di stare qui.
- Per questo hai dormito sul divano?
- Sì, mi dà l'idea di temporaneità. Stanotte dormirò vestito e nessuno dei due giorni mi avrà mai.
- È successo qualcosa? È un po' di giorni che sei strano.
- Mi scarico, mi spengo, le mie capacità si eclissano. Ecco che succede.
- E dietro l'eclissi? C'è qualcuno?
- No. Se mi spengo, non c'è nessuno. 
- Se ti spegnessi io?
- Ci sarebbe qualcuno e sarebbe incazzato.
- Se ti spegni da solo è colpa tua. Dovresti essere incazzato con te stesso.
- Già, dovrei.
- Bè allora incàzzati, bruci energie e ti ricarichi! Perché non lo fai? Sembri un cadavere...
- Perché è la differenza tra il bruciare pellet e l'essere umano! Non ci sono causa ed effetto, ma ci sono tutte le sfumature che stanno in mezzo. Tu le chiami metafore. 
- E tu?
- Per me è il tempo che passo immobile davanti al pc. E l'idea ossessiva che sia tempo preso in prestito non mi lascia mai. Mai!
- Okay, non ti arrabbiare. Solo che pensavo che dipende da te se sei spento o meno. Nella vita devi scegliere se...
- Ehi ehi, non iniziare nemmeno. Nella TUA vita puoi sederti a un tavolo con le opzioni davanti e pescarne una, ma nella mia non puoi più.
- Perché no? La vita è fatta di scelte!
- La mia vita non è fatta di scelte, è l'elenco delle scelte che ho fatto. E non hai idea di quanto pesa. E poi io non sono una selezione graduale e successiva di possibilità; l'imbuto è diventato stretto e io sono claustrofobico.
- Quindi...
- Quindi, che?
- Quindi, anche se ti spegni, qualcosa rimane: le tue scelte.
- Vedi che non sono atti notarili. Se non sai scegliere più, è come se non l'avessi mai fatto.
- Puoi recuperare..
- O se non hai più nulla da scegliere. O se hai già scelto tutto…Ecco cosa rimane! Caro il mio amico delle metafore…ecco cosa rimane…
- Cosa?
- Speravano soffocassi. E stai soffocando.
- Uh……Qui spengo?

PAUSA DI IRRIFLESSIONE


 - Che fai?
 
- Guardo?
 - E poi?
 - E poi cosa?
 - Oltre a guardare, dico, che fai?
 - Perché cosa dovrei fare?
 - Non lo so di preciso.. ma si osserva per fare qualcos'altro, è un'azione finalizzata, un verbo propedeutico a..
 - A che?
 - A fotografare, per esempio!
 - Ma io non ho una macchinetta fotografica.
 - Allora potresti disegnare?
 - Sono totalmente incapace. Se metto anche solo la punta della matita sulla carta provoco movimenti sismici su tutta la costa.
 - Rocce comprese?
 - Soprattutto quelle.
 - Ok ci sarà sicuramente uno strumento che sai usare, con cui trasmettere quello che hai visto e vissuto: perché non suoni qualcosa?
 - E il disturbo della quiete pubblica?! Dimentichi che siamo su un foglio bianco.
 - Hai ragione. Beh, potresti scrivere?
 - Qui, sul foglio?
 - E dove sennò?
 - Mi spiace, ma è impossibile: troppo bianco, troppo spazio, troppa libertà! E' pericoloso non avere limiti, sai quante cose si rischia di non dire?
 - Quindi non scriverai nulla?
 - No.
 - Neanche un sms?
 - Ti prego, ho detto nulla: non farmelo ripetere più! Voglio restare seduto qui ancora un po'..
 - Posso sedermi a vederti mentre guardi?
 - Racconterai qualcosa?
 - No, giuro. Sto scrivendo la parola fine.

SVEGLIATI E CAMMINA


- Perché c'è sempre nebbia?
- Esistono posti senza nebbia? Andiamo.
- Ogni volta è una tortura questa cosa di camminare. Cosa c'è al fondo della strada?
- C'è nebbia, non vedi? Come faccio a saperlo? 
- Nebbia del cazzo! Se non ci fosse, sapremmo cosa c'è laggiù.
- Cammineresti più in fretta? 
- Sì! Almeno vedrei qualcosa di diverso da un muro bianchiccio, vedrei una specie di fine!
- E se quel qualcosa di diverso rimanesse sempre uguale e ti venisse a noia? O peggio: se una fine tu non riuscissi comunque a vederla? Ti rimarrebbero solo i minuti passati con me, quelli che stai sprecando interrogandoti su qualcosa che tanto la nebbia non ti restituirà mai.
- Detta lei le regole?
- Uccide quelle che vorresti darti.
- Sì ma tu non mi offri tante alternative.
- Camminare ti sembra poco?
- Camminare per quanto? Questa strada magari finisce o forse non finisce mai! E poi è dritta: non una curva, non una sosta, nemmeno il rischio di storcermi la caviglia facendo una salita! Il dolore, dannazione, vorrei poterlo provare; oppure la stanchezza, per dio, almeno la stanchezza dei metri che mi costringi a fare...
- Non sei stanco?
- Di cosa?
- Di lamentarti. Lamentarsi è un’allucinazione! Vuoi cambiare una situazione che puoi solo accettare, ancora non te ne rendi conto? Non capisci le sfumature, ignori i nodi dentro il pettine, vedi la nebbia e provi a soffiarla via. Le provi tutte, ogni volta che vieni qui, daccapo. Le provi tutte e non hai ancora iniziato a camminare.
- Come no? Lo sto facendo! 1, 2, 1, 2. Sono passi, li vedi?
- Tu non stai camminando, non vedi l'ora che la camminata sia finita.
- O che diventi qualcosa d'altro.
- Puoi camminare all'incontrario, su una gamba sola, a piedi uniti, lateralmente o obliquamente. Non ci hai mai provato. Cosa vuoi, correre?
- Sì, magari via da questo purgatorio!
- Tze...Sai cosa c'è dopo il Purgatorio?
- L'Inferno?
- Ti piacerebbe.
- Rai Cinema?
- Non ti piacerebbe come l'Inferno.
- E cosa c'è?
- Ancora nebbia.

DOMANDA DI SICUREZZA

- Buongiorno.
- Buongiorno, mi dica.
- Vorrei una domanda.
- Certo, dica pure.
- Come, scusi?
- Prego, faccia la domanda.
- No, forse non mi sono espresso bene. Io vorrei una domanda.
- Sì. Ho capito.
- Che cosa ha capito?
- Che vuole farmi una domanda.
- No, non è stato attento evidentemente, le ripeto: io vorrei una domanda.
- Non la seguo. 
- Non mi segue dove?
- Non la seguo nel ragionamento.
- È facile, vorrei che lei mi facesse una domanda
- Perché?
- Ecco! Ad esempio questa. Ne ha altre?
- Di cosa?
- Mmm, quasi: ma non ci siamo ancora. Ne sto cercando una più precisa...
- Io davvero non capisco, si sente bene?
- Uhm. Forse può andare. Mi faccia vedere il catalogo comunque, magari trovo qualcosa di più interessante...
- Che catalogo?
- Una domanda riflessa! Caruccia...
- Riflessa?
- No, ma non mi interessano le domande a specchio. Provi ancora, non perda tempo...
- No, aspetti adesso: le sembro uno che può perdere tempo?
- Le domande riflesse non mi interessano, gliel'ho già detto: ma forse le sembro uno che può perdere tempo.
- Sono stordito. Ma si può sapere cosa vuole??
- Forse! 
- La vuole smettere?
- Ecco, ci siamo quasi! 
- Basta! Vuole uscire di qui per favore?
- Ecco! Bella! Mi piace! Quant'è?
- Non mi dirà che vuole darmi dei soldi!
- Certo! Si pagano prezzi molto più alti per domande di scarsa qualità, soprattutto inutili; in realtà basta un fraintendimento per trovare la domanda giusta. 
- Come vuole. 
- Grazie.
- Ma ora che se ne farà?
- No, grazie, basta così.

DISGIUNTIVITE

- Ho sonno.
- A chi lo dici.
- No ma io ho davvero sonno.
- E ti ripeto: a chi lo dici.
- Ma non credo sia colpa della stanchezza.
- Eh ma in genere è sempre così. È in questo modo che di solito funziona: uno si stanca e gli viene sonno. 
- Eh ma io non sono stanco davvero. Vedo le persone e, senza che nemmeno ci parli, mi si sono già calate le palpebre. Oppure immagino una relazione con una ragazza, lei me la figuro davanti nuda vestita con o senza trucco ma, senza che nemmeno ci parli, ho già anche sceneggiato il momento in cui ci rinuncio e mi dico "njea faccio".
- Sei pigro.
- Sì è vero, ma non è solo questo. Ci dev'essere dell'altro... 
- Forse non hai incontrato quella giusta.
- Ah! Sei di quelli che pensano che ne esista una giusta. 
- Esisterà. Da qualche parte. Boh. 
- Di giusta esiste solo l'insonnia.  
- Perché hai sonno. 
- Sarà. Ma il sonno mi viene dopo che vedo certe cose macabre. Per fortuna...
- Ad esempio?
- Mmm ad esempio il sorriso delle persone che non conosco. Mi fa venire un sonno pazzesco, crollerei subito. Voglio dire, perché arrivi sorridendo da me, che non ti conosco e che, dal momento che tu stai mi stai sorridendo senza un motivo - non ci conosciamo, cazzo ridi -, probabilmente nemmeno condivido il tuo modo di vedere le cose?
- E tutto questo lo pensi in quanto? In un'ora?
- Circa tre minuti.
- Pensa gli altri 57! Ecco perché hai sonno: perché passi tempo in questo modo. O il tuo cervello è denso di stronzate, 
- O i miei occhi pieni di gente. 
- O il cuore non ha deciso niente.
- O decidere niente vuol dire avere sonno.
- O i tuoi occhi sono pieni di scuse. 

SPARENTESI

- Che fai?
- Apro una parentesi.
- Ancora con questa storia?
- No. Ora mi metto qui e apro sta cazzo di parentesi!
- Se vuoi ti posso aiutare, ma secondo me non serve.
- No, faccio da solo.
- Chi ti corre dietro?
- Io! Io! Io! Perché quando a corrermi dietro sono io c'è sempre qualcuno pronto a farlo al posto mio?
- Ok, ma tanto lo sai come la penso: tu ora la apri, passano dieci giorni e te ne penti.
- Ora ne ho più bisogno. 
- Cos'è successo?
- È successo che ho conosciuto una. Ma non è affar tuo.
- Dai parlamene.
- No. Le mie parole, tutte le mie parole, non sono più affar tuo, né di quelli come te. 
- Ma in una parentesi non ci staranno mai tutte. 
- Frega niente. Ce le farò stare. Meglio dentro delle parentesi che fuori. E poi non voglio finire come te, ma ti sei visto? Fai espressioni poco democratiche che non significano nulla, ti copri contento di antiretorica e rovesci il sistema come un letto sfatto solo per dormirci. Dopodiché vai in giro a cercare altre parole, altre parole da svuotare, mentre l'aria ti attraversa e tu le chiedi permesso.
- Hai finito?
- Sì non ho più altro da dirti.
- Una volta eravamo amici. Una volta fiducia e fedeltà significavano qualcosa anche per te. Una volta mi portavi il caffè quando stavo male e io ti dicevo che il caffè non mi piaceva....ti arrabbiavi. 
- Ah già. Quando finisci con le parole, stracci il senso al passato. Cos'è? Ripeterlo ti aiuta? Ripeterlo ti consola? Ripeterlo ti ricorda d'esser vivo?
- È bello ripetere. È bello ricordare.
- Ma ripeti tutto! Abbiamo smesso di essere amici quando hai iniziato a ripetermelo. Ogni giorno. Scusami, ma io questa parentesi la apro. Sottovoce, fuori tempo, fuori gioco: tutte le mie parole, tu, non le sentirai più.
- Sono cose che mi hai già detto e sei sempre tornato indietro.
- Non questa volta. 
- ...Posso chiederti una cosa?
- Cosa?
- Lo fai per lei?
- Sì.
- E lei non ha paura delle parentesi?
- No, perché le lascerò aperte.

NINNANANNA NOTTURNA

- Lasciati cullare.
- Tu vuoi farmi arrendere.
- Che dici? voglio solo starti vicino mentre spargi i tuoi pensieri nell'aria.
- Tu mi tenti, cerchi di addomesticarmi.
- Sei soffocato dai pregiudizi verso di me, eppure mi conosci. Ti ho mai deluso?
- Si! Hai già dimenticato di quella volta che ti aspettai per ore ed ore, teso come una molla? E tu nulla, non un cenno, un avviso, un gesto di comprensione.
- Ecco. Lo sapevo. adesso recuperi gli eventi, li isoli, li usi per montare quei tuoi confortanti puzzle che nessuno ha mai disegnato. Guarda che i pezzetti non sono mica solo tuoi, la realtà non è tua, non può giocarci a tuo piacimento...
- Smettila! Mi hai lasciato solo! Eppure sapevi quanto avessi bisogno di te...lascia perdere, non inventare analisi da quattro soldi.
- Non sono inventate...
- Ma sono mediocri! Sono mediocre io? È questo che merito? Vaffanculo le stelle cadenti, vaffanculo la luna!Era te che volevo.
- Ok. È capitato una volta, forse due, se non anche tre: e allora? Vuoi gettare a mare tutto quello che valgo, che valiamo insieme? È un episodio vuoto e sperso, è un tempo che non sapresti neanche più come identificare- Quando è successo? Sono passati giorni, settimane, mesi? Rispondi, su!
- Se solo sapessi quello che ho passato mentre non c'eri, adesso non saresti così cinica e arrogante.
- Ma non capisci che sono dalla parte tua?! Lo capisci o no che la mia assenza serve solo a stringere più forte il nostro legame? Ti rendi conto che una vita senza di me è assurda?
- E che cazzo però! Perché arrivare a questo?
- Perché dopo è più bello riposare...
- No, non voglio, non può ogni volta finire così..
- Deve finire così...
- Smettila con questa tromba che mi accarezza i sogni..
- Lasciati cullare...
- Non può essere sempre tutto così dolce con te..
- Mi hanno dato il buio per non farti preoccupare di nulla...
- Ma chi diavolo sei...?
- Vieni, chiudi gli occhi.
- Chi...diavolo sei?
- 'Notte.

SCACCHI

- Cazzo, sono sveglio e non mi viene niente da fare. Nessuna idea!
- Ascolta i rumori del mio computer...fatti cullare! Poi senti i tuoni...magari qualche idea ti viene.
- Stai cercando di mandarmi a dormire? 
- No, però dico...
- Stai cercando di mandarmi a dormire! A quest'ora!
- Dai è l' 1.42, non ci credo che se ti metti a letto in mezz'ora non prendi sonno.
- Magari mi faccio una doccia.
- Ecco sì, che puzzi e non poco. Intanto che te la fai, mi sa che me ne torno a casa...
- E non ti va una frittata?
- No, grazie sono a posto così. Davvero, ora vado, prima che inizi a piovere.
- Un caffè? 
- Vorrei andarmene a casa veramente. 
- Ah ok, perfetto...tanto stavo uscendo di casa...
- Per dove?
- Ci sono le bollette da pagare.
- È l'1.45.
- Le bollette dormono?
- Dai le paghi domani, tanto mica ti staccano la luce stanotte.
- La luce, ecco! Forse dovrei spegnere la luce di notte?!
- Forse dovresti spegnerla tutte le notti. E provare a dormirci. 
- Dormirci dove?
- Nel buio, coglione.
- Ormai si sta facendo giorno. 
- È tardi?
- Sì. Ma tu non dovevi andare a casa?
- Ormai ha iniziato a piovere.
- Ho vinto.

LA JIHAD DELLA BONTA'

- Sono un persona buona.
- Sì, sei proprio una persona buona.
- Ho degli obiettivi, un sacco di idee.
- Sì, vero e sei anche una persona impegnata.
- Senti questa, senti: una volta alla stazione c'era una che chiedeva l'elemosina con un bambino piccolo in braccio, allora le ho detto «Vuoi il latte per il bambino?» Così siamo andate al supermercato, ma lei diceva: «No, tu dai soldi a me» Ma io mica glieli ho dati i soldi a sta stronza! E ho pure tenuto lo scontrino per evitare che poi andasse a cambiare la merce dopo che mene fossi andata. 
- Brava, hai fatto bene! Vedi tu sta stronza! E una vuole essere solidale, umana, ma te le tolgono dalla bocca le parolacce! 
- Esatto! Fortuna che sono buona! Se no lo trovavo un modo per farla arrestare quella ladra...
- E avresti fatto bene! Sta gentaglia se ne approfitta! Approfittano della loro povertà e della nostra gentilezza. 
- Parole sacrosante, guarda...
- Fortuna che le è andata bene che ha trovato te, che sei buona.
- Infatti! Tutte le fortune hanno sti disperati.

CENTIMETRO QUADRATO

- Andrò a Parigi. Per la specialistica.
- E poi?
- E poi probabilmente Vienna o Santiago del Cile per il dottorato.
- Cavolo. Scelta impegnativa.
- Già, però vedi proprio non riesco a starmene fermo. Credo sia l'idea di essere relegato qui, in pochi centimetri quadrati di abitudine e di routine...
- E dopo il dottorato?
- Ancora non so bene. Mio padre pensava a Dubai per lo stage presso la pompa di benzina di un suo amico d'infanzia.
- Bello...
- Ma io vorrei dedicarmi ai canguri in Australia. Sidney...
- Forse ai semafori di Sidney canguri non ne incontri.
- Dai, scemo, hai capito. Correre, correre, correre via da questo loculo cittadino. È elettrizzante!
- Lo credo bene!
- Ma tu? Dove andrai?
- Ah io resterò qui.
- Dai! Il solito pigrone!
- No, quale pigrizia, a me piace qui.
- Non dirmi che sei diventato del partito Mettiamo-le-radici!
- No, niente partito. Qui mi piace.
- Andiamo! Come fa a piacerti questo posto? È piccolo e gretto. Sei circondato da persone che a malapena conoscono la capitale del Bhutan, ma sono pronte a parlarne in modo ampio ed esauriente.
- Vuol dire che sono fantasiose. Invece nel tuo caso tuo padre paga, per girare il mondo fantasia non ce ne vuole, ti basta un Iban.
- Adesso non è il caso di essere sarcastici.
- Non sono sarcastico. È questione di orizzonti: tu li vuoi infiniti per poterci perdere con più facilità le ambizioni che compri in saldo, io trovo elettrizzante il tragitto da questa fontana a quell'albero. 
- Non ti ho capito.
- Te lo spiego meglio: tu in un centimetro quadrato non sai correre.
- Cos'è una sfida?
- Non ci sarebbe storia! Sai la capitale del Bhutan...

CISTITUZIONI

- E in Francia? Funziona in Francia?
- Vorrai scherzare! Tirano fuori le barricate ogni dieci anni. Un po' più dei mondiali e un po' meno della Sindone. Ogni volta sembra che preghino e si divertano.
- Bè, ma in Norvegia? in Svezia?
- Hanno sacrificato il senso dell'umorismo. Non siamo drastici, su.
- Bè ma almeno negli Stati Uniti qualcosa si potrà salvare, no?
- No, lì funziona solo l'import/export. Anzi, senza l'import, perché tutto ciò che importano diventa subito americano e subito export. 
- Non è il comportamento della Cina questo?
- Appunto, gli Stati Uniti esportano comportamenti.
- Vabbè. Cosa rimane? La Svizzera?
- Non ha il mare. E poi in Svizzera chiunque può essere eletto basta che sia cittadino. È una grave violazione dei cazzi propri…
- Bè ma è per i cazzi propri che in posti come l'Italia lo spirito democratico non funziona!
- Ma va. In Italia non funziona per lo stesso motivo che c'è negli altri paesi. Non puoi prelevare degli schiavi volontari di un regime e dire loro "yea, oggi voi siete democratici". Non si può. 
- Ma accade però. Quindi vuol dire che si può.
- E infatti rimane una cosa sottocutanea di cui si accorgono solo i dermatologi: «Toh guarda, hai una democrazia bella grossa».
- Già. Ma senti, e in Russia?
- È più facile un'oligarchia di castori.
- In Australia?
- Troppo lontana, anche se ci fosse non varrebbe.
- Ah! Ce l'ho: in Germania?
- Solo finché ha la Ruhr, ma una miniera non fa democrazia.